È opinione sempre più diffusa che le parole “fast” e “food” non dovrebbero stare una accanto all’altra in qualsiasi discorso che promuova una sana alimentazione. Troppo spesso, infatti, riduciamo i momenti di nutrizione in rapidi ingurgitamenti di pasti già pronti, spesso squilibrati dal punto di vista dei nutrienti e preparati con ingredienti della cui provenienza o preparazione non sappiamo nulla.
Facile dire: “Un tempo non era così, prima si mangiava meglio”. Se è vero che in passato accedere ad alimenti meno processati – e spesso locali – era più semplice, e se è vero che fino a qualche decennio fa non eravamo esposti a tutte queste tentazioni dolci o grasse e c’erano molte meno opportunità di “strafare”, è anche innegabile che la vita di oggi lascia meno tempo alla scelta di ciò che mangiamo, all’approvvigionamento consapevole di cibi sani e locali: destreggiarsi tra mille opportunità – riconoscendo quelle davvero benefiche ed evitando quelle “farlocche” – è un’attività che può assorbire anche diverse ore alla settimana. E non tutti le abbiamo più.
A metà strada tra il recupero delle antiche abitudini e la disperata necessità di ottimizzare i tempi della nostra giornata, c’è l’attività di diverse aziende agricole italiane che provano ad avvicinarsi ai consumatori con una proposta a filiera corta: meno intermediazioni tra chi coltiva un ortaggio e chi lo acquista, più attenzione alla qualità del prodotto (spesso “a km 0” e provenienti da terreni agricoli condotti con metodo integrato o biologico), impegno a fornire una selezione di prodotti combinati anche in base a stagionalità e proprietà nutritive.
Tra le proposte esistenti, in Campania c’è Sapore Maggiore, un box di ortofrutta fresca coltivata in terreni della Piana del Sele, dell’area vesuviana, di quella irpina e della Costiera Amalfitana: zone della regione con una vocazione agricola che affonda le radici nella Storia.
Il box viene consegnato a domicilio ogni settimana oppure ogni quindici giorni (in base alle esigenze di chi acquista), e contiene un mix di frutta e verdura freschissimi, raccolti il giorno prima o poco più direttamente dalle aziende agricole che collaborano al progetto. Queste aziende fanno una “scommessa” non da poco, per rispondere alle esigenze dei consumatori più attenti: per esempio, si assumono il rischio di mettere a coltura prodotti che impiegano tanto tempo, tutto necessario, per crescere e maturare.
È il caso del carciofo (nel box di Sapore Maggiore si trova la varietà “Romanesco”, coltivata nella Piana del Sele, da cui proviene anche il noto cavolfiore della Piana del Sele), le cui piantine vengono trapiantate tra agosto e settembre per poi crescere e svilupparsi nel corso dei mesi di ottobre, novembre, dicembre e gennaio: mesi lunghi e molto impegnativi, soprattutto per colture di pieno campo, dove una pioggia più intensa del solito può ritardare la raccolta o una grandinata rovinare parte del raccolto.
Questa “scommessa”, però, viene di solito vinta due volte: la prima, quando l’agricoltore si trova di fronte uno splendido “fiore” del carciofo, che cresce in verticale con un capolino centrale, detto “mammola”, ed altri laterali più piccoli, tutti tondi senza spine, dal cuore tenero, di colore violaceo. La seconda, quando il consumatore si complimenta con lui per il prodotto che ancora una volta, come ogni anno, oltre ad essere buono ha saputo “raccontare” una storia di impegno per la terra.
Proprio il rapporto di fiducia tra coltivatore e consumatore è il cuore del progetto Sapore Maggiore: insieme ad esso, la voglia di recuperare il concetto che “mangiare” non è solo consumare un cibo, ma è legato a momenti di vita conviviale, allo scambio di due chiacchiere, alla condivisione di un’atmosfera e…all’attenzione per ciò che abbiamo nel piatto.